domenica 22 aprile 2012

La Flagellazione

La Flagellazione

Mistero n° 13

 

Proprietario: Rocco Rogondino, a cui il Mistero è stato donato dalla precedente proprietaria, Giovannina De Santis (1909). Ereditato dal marito, Giuseppe De Vincenzo; fu il padre di questi, Nicola, a commissionare il Mistero in sostituzione di un altro, dello stesso soggetto, più antico e di minori dimensioni.

Manufatto: Realizzato dal Maestro Pasquale Errico a Lecce nel 1928. Secondo Mistero Doloroso.

Motivo della realizzazione: Devozione.

Gruppo: Nel gruppo statuario sono presenti: al centro Gesù, legato alla colonna della flagellazione e, ai suoi lati, due Giudei che si apprestano a flagellarlo con canne di bambù. Sui bastoni o forcelle (sui quali si appoggia il Mistero) vengono appesi dei flagelli metallici.

Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro, e maglietta sottogiacca nera. Sul capo portano delle corone di spine.

Ragazze al pizzo: Assenti.

Figuranti davanti al gruppo: Assenti.

Riferimenti Evangelici: Vangelo di Matteo 27, 26; Vangelo di Marco 15, 15; Vangelo di Luca 23, 16; Vangelo di Giovanni 19, 1
Mc 15,12-15
Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.


Approfondimenti:

Tornato da Pilato, Gesù rimase in silenzio con il mantello di Erode sulle spalle. Pilato, sperando di riuscire ad impietosire la folla inferocita e quindi a liberare Gesù, lo fa flagellare.
Tipicamente, colui che doveva essere punito veniva legato ad una piccola colonna o ad un piccolo palo, cosi che potesse piegarvici sopra. Due lictores (o a volte quattro o sei) alternavano i colpi. Non c'era un limite alle sferzate inflitte: era il lictor a decidere, anche se normalmente non erano intenzionati ad uccidere la vittima. Ciò nonostante, sono riportati casi di decessi sul posto, durante la flagellazione.
Venivano utilizzati diversi strumenti solitamente. Secondo le visioni della Beata Anna Caterina Emmerich, durante la flagellazione di Cristo vennero utilizzate prima delle canne, probabilmente derivate da nervi di bue. Poi utilizzarono il vero e proprio flagrum (o gatto a nove code). Per i due ladroni, condannati alla crocifissione, i lictores avevano utilizzato il flagellum: strisce di cuoio immerse nell'acqua salata. Per Gesù optarono per il flagrum, le cui cinghie di ferro erano munite di frammenti d'osso (delle nocche delle precedenti vittime) e sferette metalliche munite di punte.
Dopo aver denudato Gesù di ogni suo indumento, i soldati iniziarono a fustigarlo. Ricoprirono il Nazareno di tagli dalla nuca al calcagno.
Si cercava scrupolosamente di infliggere i colpi escludendo la zona cardiaca e nelle immediate vicinanze del cuore, per evitare di provocare la morte della vittima. La fustigazione era normalmente eseguita prima della crocifissione. Questo stratagemma portava facilmente ad una deturpazione e seri traumi, come la lacerazione della pelle o la perdita di un occhio. Perdendo molto sangue, a causa delle ferite riportate, la vittima subiva un forte shock ipovolemico. I Romani riservavano questa tortura ai non cittadini.
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Chiaramente i Giudei non presero mai parte attiva nella flagellazione, pertanto quelli rappresentati nel Mistero, almeno dal punto di vista storico, sono solo il risultato di credenze popolari; tuttavia c'è da aggiungere che nelle visioni di Santa Caterina Emmerick si parla di alcuni giudei che si unirono ai romani nella tortura.

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