Gesù caricato della Croce
Mistero n° 22
Proprietario: Trifone Barone (1980), che lo ha ereditato dal padre. Esiste dello stesso soggetto un altro Mistero appartenente alla famiglia Guerra.
Manufatto: Realizzato dal Maestro Romeo Bovelacci di Bitritto nel 1993. Quarto
Mistero Doloroso.
Motivo della realizzazione: Devozione.
Gruppo: Nel gruppo statuario Gesù si avvia verso il Luogo detto
Cranio, portando la Croce. Sui bastoni o forcelle (sui quali si appoggia il
Mistero) vengono appesi dei flagelli metallici.
Ragazze al pizzo: Quattro, due
per ogni lato, in tailleur scuro, velo nero sul capo, con guanti neri.
Nella mano libera reggono delle candele.
Figuranti davanti al gruppo: Un bambino, vestito con saio rosso e con una corona di spine sul capo, porta una croce ricordando Gesù.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Marco 15, 22; Vangelo di Giovanni 19, 17.
Mt 15, 22
Condussero
dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio.
Approfondimenti:
Con Questo Mistero ha inizio il tratto in salita
che porta al Monte Calvario, la Via Dolorosa, la quale abbonda di episodi
apocrifi, in sproporzione rispetto alle brevi note dei Vangeli.
L'agonia della
crocifissione cominciava dal momento in cui il condannato veniva caricato della
croce. Era un inizio che sgomentava, umiliava, feriva psicologicamente, sia per
il peso da portare fino al luogo della crocifissione, sia per la pubblicità
dell'esecuzione.
La crocifissione era stata
selezionata tra i supplizi come quello più semplice, ma nello stesso tempo più
feroce. Per primi l'avevano pensata i Persiani, poi fu la volta dei Cartaginesi,
infine era stata scelta dai Romani.
La punizione del ribelle a
Roma doveva essere esemplare, cosicché, di fronte alla sconfitta del condannato,
stare dalla parte del più forte diventava una via di fuga per chi aveva sperato
nel condannato: c'era la paura che il vincente si vendicasse anche sui seguaci
del colpevole. Gerusalemme era uscita dalle mura per vedere l'esecuzione
condotta dai Romani, anche se a Gerusalemme ben pochi erano solidali con loro.
La folla diventò ancor più
urlante vedendo Gesù curvo sotto la croce. Molti avevano ricevuti benefici da
Gesù. Le moltitudini l'avevano applaudito all'ingresso di Gerusalemme pochi
giorni prima; e ora un folle bisogno di trasformare quegli applausi in insulti.
Ora un agitato bisogno di farsi perdonare dai potenti: da Roma e dal Tempio.
Per il Sinedrio a nessuno
doveva venire più in mente di opporsi al suo discernimento in fatto di Messia.
Per Roma era, ancora una volta, l'ammonizione esemplare di come finiva ogni
ribelle.
Ma sopra il Sinedrio e sopra
Roma c'era la volontà del Padre. “Tu non avresti nessun potere su di me, se
non ti fosse stato dato dall'alto”, disse Gesù a Pilato. Gesù poteva
atterrare tutti, fulminare Pilato, ma volle invece morire per la salvezza di
tutti. La debolezza di Gesù era dettata dalla sua misericordia.
Il Sinedrio credette di aver
vinto, ma dava spazio alla dimostrazione della potenza punitiva di Roma.
L'illusione di poter gestire il potere romano, avviava Gerusalemme in una fatale
illusione.
Quella folla urlante contro
Gesù stava gettando le basi della sua futura rovina, che comincerà con vari
attacchi ai Romani, fino ad una vasta ribellione nel 66 che si concluse nel 70
con la distruzione di Gerusalemme e il terribile spettacolo di 4000 crocifissi
fuori della città.
Gesù cominciò a camminare
portando la croce, e presero corpo le parole che un giorno aveva detto: “Se
qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua”.
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