Pilato si lava le mani
Proprietario: Anna Pietrocola (1935). Fatto realizzare come ex-voto da Giovanni Bruno, zio di Anna, insieme al fratello Antonio Bruno, i quali lo affidarono alla nipote perchè ridotto in cattivo stato, dopo che i figli di Giovanni si erano trasferiti a Firenze.
Manufatto: Realizzato a Lecce dal Maestro Salvatore Bruno intorno al 1920. Nel 1975 subì un primo restauro con la sostituzione della base
da parte dello stesso Maestro Bruno a Bari; nel 1989 il Maestro Gallucci
di Lecce effettuò un ulteriore intervento. Nel 2011, infine, il Maestro Santino Merico ha restaurato completamente il Mistero.
Motivo della realizzazione: Ex-voto.
Gruppo: Nel gruppo statuario sono presenti da destra: un giovinetto,
servo di Pilato, che si appresta a versare acqua sulle mani di Pilato,
il quale se le laverà in segno di non assunzione di alcuna responsabilità sulla
sorte del Nazareno. Gesù, a sinistra dopo Pilato, viene trascinato via
dal giudeo davanti a lui, mentre un soldato, a sinistra di Cristo,
gli appoggia una mano sulla spalla, invitandolo ad uscire.
Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro, camicia bianca e cravatta nera.
Ragazze al pizzo: Quattro, due
per ogni lato, in tailleur scuro, velo nero sul capo, con guanti neri.
Nella mano libera reggono delle candele.
Figuranti davanti al gruppo: Bambine, con saio celeste. La prima regge il catino, la seconda la brocca, con i quali Pilato si lavò le mani.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Matteo 27,
11-14; Vangelo di Marco 15, 1-15; Vangelo di Luca 23, 1-5; Vangelo di
Giovanni 18, 28-40.
Gv 18, 28-40
Allora condussero Gesù dalla
casa di Caifa nel pretorio. Era l`alba ed essi non vollero entrare nel pretorio
per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque
Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest`uomo?".
Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l`avremmo
consegnato". Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo
la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a
morte nessuno". Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di
quale morte doveva morire. Pilato allora rientrò nel pretorio,
fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?". Gesù rispose:
"Dici questo da te oppure altri te l`hanno detto sul mio conto?".
Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi
sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?".
Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di
questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato
ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù". Allora Pilato
gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per
questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere
testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".
Gli dice Pilato: "Che cos`è la verità?". E detto questo uscì di
nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa.
Vi è tra voi l`usanza che io vi liberi uno per la Pasqua:
volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?". Allora
essi gridarono di nuovo: "Non costui, ma Barabba!". Barabba era un brigante.
Mt 27, 24
Pilato, visto che non otteneva
nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le
mani davanti alla folla: <<Non sono responsabile, disse, di questo sangue;
vedetevela voi!>>.
Approfondimenti:
Gesù non tenta di nascondere a
Pilato che è re, però spiega che il suo Regno non costituisce una minaccia per
Roma. “Il mio regno non fa parte di questo mondo”, dichiara. “Se il mio regno
facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non
fossi consegnato ai giudei. Ma ora il mio regno non è di qui”. In tal modo Gesù
attesta tre volte di possedere un Regno, anche se non di origine terrena.
Tuttavia Pilato incalza ancora: “Dunque, sei tu re?” In altre parole, sei re anche se il tuo Regno non fa parte di questo mondo?
Con la sua risposta Gesù fa capire a Pilato che ha tratto la conclusione giusta: “Tu stesso dici che io sono re. Per questo sono nato e per questo son venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce”.
Sì, lo scopo stesso dell’esistenza di Gesù sulla terra è quello di rendere testimonianza alla “verità”, in particolare alla verità relativa al suo Regno. Gesù è pronto a rimanere fedele a questa verità anche se ciò gli costerà la vita. “Che cos’è la verità?”, chiede Pilato, ma non attende altre spiegazioni. Ha udito abbastanza per emettere la sentenza.
Pilato torna dalla folla in attesa fuori del palazzo. Evidentemente con Gesù al suo fianco, dice ai capi sacerdoti e a quelli che sono con loro: “Non trovo nessun delitto in quest’uomo”.
Adirati per questa decisione, insistono: “Egli incita il popolo insegnando in tutta la Giudea, sì, cominciando dalla Galilea fino a qui”.
L’irragionevole fanatismo dei giudei deve sorprendere Pilato. Perciò, mentre i capi sacerdoti e gli anziani continuano a gridare, si rivolge a Gesù e gli chiede: “Non odi quante cose testimoniano contro di te?” Ma Gesù non prova nemmeno a rispondere. La sua calma di fronte a quelle accuse assurde meraviglia Pilato.
Quando sente che Gesù è Galileo, Pilato intravede un modo per scaricarsi della responsabilità. Il governante della Galilea, Erode Antipa (figlio di Erode il Grande), è a Gerusalemme per la Pasqua, perciò Pilato manda Gesù da lui. Tempo prima Erode Antipa aveva fatto decapitare Giovanni il Battezzatore, ma poi si era spaventato sentendo parlare delle opere miracolose che Gesù compiva, perché temeva che Gesù fosse in realtà Giovanni destato dai morti.
Tornato Gesù, Pilato convoca i capi sacerdoti, i governanti dei giudei e il popolo e dice: “Voi mi avete condotto quest’uomo come uno che incita il popolo alla rivolta, ed ecco, l’ho interrogato davanti a voi ma non ho trovato in quest’uomo nessuna base per le accuse che presentate contro di lui. Infatti, neanche Erode, poiché lo ha rimandato da noi; ed ecco, non ha commesso nulla che meriti la morte. Perciò lo castigherò e lo libererò”.
Così per due volte Pilato dichiara Gesù innocente. È suo desiderio liberarlo, poiché sa che i sacerdoti lo hanno consegnato solo per invidia. Persistendo nei suoi sforzi di liberare Gesù, Pilato riceve un incentivo ancor più forte per farlo. Mentre egli siede in tribunale, sua moglie gli manda un messaggio con cui lo esorta: “Non aver nulla a che fare con quel giusto, poiché oggi ho sofferto molto in sogno a causa di lui”.
Ma come può Pilato liberare questo innocente, facendo ciò che sa essere suo dovere?
Tuttavia Pilato incalza ancora: “Dunque, sei tu re?” In altre parole, sei re anche se il tuo Regno non fa parte di questo mondo?
Con la sua risposta Gesù fa capire a Pilato che ha tratto la conclusione giusta: “Tu stesso dici che io sono re. Per questo sono nato e per questo son venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce”.
Sì, lo scopo stesso dell’esistenza di Gesù sulla terra è quello di rendere testimonianza alla “verità”, in particolare alla verità relativa al suo Regno. Gesù è pronto a rimanere fedele a questa verità anche se ciò gli costerà la vita. “Che cos’è la verità?”, chiede Pilato, ma non attende altre spiegazioni. Ha udito abbastanza per emettere la sentenza.
Pilato torna dalla folla in attesa fuori del palazzo. Evidentemente con Gesù al suo fianco, dice ai capi sacerdoti e a quelli che sono con loro: “Non trovo nessun delitto in quest’uomo”.
Adirati per questa decisione, insistono: “Egli incita il popolo insegnando in tutta la Giudea, sì, cominciando dalla Galilea fino a qui”.
L’irragionevole fanatismo dei giudei deve sorprendere Pilato. Perciò, mentre i capi sacerdoti e gli anziani continuano a gridare, si rivolge a Gesù e gli chiede: “Non odi quante cose testimoniano contro di te?” Ma Gesù non prova nemmeno a rispondere. La sua calma di fronte a quelle accuse assurde meraviglia Pilato.
Quando sente che Gesù è Galileo, Pilato intravede un modo per scaricarsi della responsabilità. Il governante della Galilea, Erode Antipa (figlio di Erode il Grande), è a Gerusalemme per la Pasqua, perciò Pilato manda Gesù da lui. Tempo prima Erode Antipa aveva fatto decapitare Giovanni il Battezzatore, ma poi si era spaventato sentendo parlare delle opere miracolose che Gesù compiva, perché temeva che Gesù fosse in realtà Giovanni destato dai morti.
Tornato Gesù, Pilato convoca i capi sacerdoti, i governanti dei giudei e il popolo e dice: “Voi mi avete condotto quest’uomo come uno che incita il popolo alla rivolta, ed ecco, l’ho interrogato davanti a voi ma non ho trovato in quest’uomo nessuna base per le accuse che presentate contro di lui. Infatti, neanche Erode, poiché lo ha rimandato da noi; ed ecco, non ha commesso nulla che meriti la morte. Perciò lo castigherò e lo libererò”.
Così per due volte Pilato dichiara Gesù innocente. È suo desiderio liberarlo, poiché sa che i sacerdoti lo hanno consegnato solo per invidia. Persistendo nei suoi sforzi di liberare Gesù, Pilato riceve un incentivo ancor più forte per farlo. Mentre egli siede in tribunale, sua moglie gli manda un messaggio con cui lo esorta: “Non aver nulla a che fare con quel giusto, poiché oggi ho sofferto molto in sogno a causa di lui”.
Ma come può Pilato liberare questo innocente, facendo ciò che sa essere suo dovere?
Ed ecco che decide di flagellarlo,
sperando di impietosire gli animi dei giudei più inclini alla crocifissione di
Gesù. Pilato crede che facendo castigare il Nazareno la folla potrà ritenersi
soddisfatta. Ma le cose non andarono affatto così.
Quando i sommi sacerdoti presentano Gesù a Pilato, questi interpreta
le accuse nei suoi confronti come violazione delle norme religiose
ebraiche e pertanto se ne lava le mani, mostrando disinteresse per
quelle questioni.
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