venerdì 1 febbraio 2013

La Schiodazione

La Schiodazione

Mistero n° 44



Proprietario: Michele Cascarano (1947), che lo ha ereditato dal padre Giovanni, e dal nonno Michele.
 
Manufatto: Realizzato nel 1924 a Lecce dal Maestro Salvatore Bruno. Restaurato a Bari dallo stesso Maestro nel 1983.
Motivo della realizzazione: Devozione.

Gruppo: Nell'articolato gruppo statuario, Giuseppe D'Arimatea, arrampicato su una scala, sorregge il corpo di Gesù, mentre Nicodemo, su di un'altra, stacca il braccio del Cristo dalla croce; un terzo giudeo provvede a togliere il chiodo dai piedi. Assistono, addolorati, alla scena, la Madonna, la Maddalena e l'apostolo Giovanni. Sulla Croce, alle loro spalle, sono evidenti i segni provocati dai buchi dei chiodi nel legno.

Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro, camicia bianca e cravatta nera.

Ragazze al pizzo: Quattro, due per ogni lato, in tailleur scuro, guanti neri e velo nero sul capo. Nella mano libera reggono delle candele.

Figuranti davanti al gruppo: Un bambino, vestito con saio bianco, mantello rosso e con una corona di spine sul capo, impersonifica il Cristo.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Matteo 27, 59; Vangelo di Marco 15, 46; Vangelo di Luca 23, 53; Vangelo di Giovanni 19, 38-39.
 
Mc 15, 42-45
Dopo questi fatti, Giuseppe d`Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.


Approfondimenti:

Normalmente i corpi dei condannati restavano appesi alle croci per giorni interi, come monito per altri malfattori. Ma il giorno dopo era un Sabato, il Sabato della Pasqua ebraica ed era un giorno molto solenne, per cui i corpi non potevano restare appesi alle croci ed inoltre era vietato qualsiasi lavoro umano, come quello della sepoltura.
Giuseppe di Arimatea, insieme a Nicodemo, erano gli unici membri del Sinedrio che credettero in Gesù. Giuseppe, pertanto, si fece coraggio e andò dal Governatore a chiedere di poter deporre il corpo di Gesù dalla croce, per una degna sepoltura. 
Sarebbe stato gettato nella fossa comune, altrimenti.
Il governatore, stupito della celere morte del Nazareno, chiese conferma ad un suo soldato (che pertanto andò sul Calvario e tornò confermando la versione di Giuseppe d'Arimatea) e concesse che il corpo di Gesù fosse rimosso dalla croce per poi poter essere sepolto secondo le usanze locali. 
Non appena Giuseppe D'Arimatea ebbe avuto il consenso di poter togliere il corpo di Gesù, si affrettò verso la città. Fu di ritorno alla collina quando il sole cominciava a tramontare dietro al Tempio. Essendo già pomeriggio inoltrato, rimaneva un duro lavoro ancora da compiere: comprare gli oli profumati per l'imbalsamazione e calare Gesù dalla croce. 
Dopo essersi recati nella strada dei profumieri ed aver acquistato il necessario, cominciarono con l'estrargli i chiodi dai piedi, usando molto probabilmente il gancio che Giuseppe, come tutti gli uomini d'affari, portava con sé per rimuovere le pietre conficcatesi nello zoccolo del suo asino. 
Poi, mentre alcuni reggevano il corpo, gli altri, saliti sul mucchio di pietre alla base della croce, vi posizionarono le scale e si arrampicarono su di esse per poi estrargli i chiodi dai polsi. Per via del rigor mortis, indubitabilmente, fu un problema avvicinare le mani ai fianchi; il problema venne risolto portandole a forza in posizione, per poi assicurarle forse con una cintura.
Nella scena del Mistero assistono San Giovanni, la Madonna e la Maddalena.

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